Omosessualità: OMS, Ulrichs e Kertbeny

In una società omofoba, dalla memoria corta, ignorante come la nostra è doveroso raccontare alcuni fatti fondamentali che ci permettono di inquadrare meglio il termine “omosessualità”.
L’omosessualità, ancora oggi, è vista da molti come una malattia. Una piaga che deve essere curata o addirittura estirpata, come succede in alcuni paesi dove l’unione tra persone dello stesso sesso è totalmente vietata e punita addirittura con la pena di morte.
Oggi è illegale prevalentemente in molti paesi africani e alcuni asiatici ma non mancano episodi di razzismo da parte della società civile nei paese cosiddetti “occidentali”. La corrente ultraconservatrice che globalmente sta attraversando tutti i principali paesi del mondo pone attenzione sulla tutela della famiglia “naturale” senza lasciare spazio ad altre possibilità. I diritti dell’uomo, specialmente quelli legati alla libertà sessuale vengono puntualmente calpestati dall’intervento del politicante di turno impegnato a ottenere consenso indirizzando l’odio della società verso il diverso, responsabile della degenerazione della civiltà.
Qualche settimana fa scrivevo della giornata della famiglia che per l’appunto ha raccolto una accozzaglia di reazionari, omofobi, ultra-cattolici che con il patrocinio del governo italiano hanno proposto i loro modelli di vita anacronistici seminando odio verso il diverso.
L’omosessualità ha fatto nel corso del tempo passi da giganti per ottenere la giusta considerazione. Soltanto nel 1990 l’OMS ha eliminato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali e ha ridefinito il concetto introducendo il termine “orientamento”. Quindi l’omosessualità rappresenta semplicemente l’orientamento sessuale verso individui dello stesso sesso.
Il termine omosessualità fu coniato nel 1869 dal letterato ungherese Karl Maria Kertbeny in una pubblicazione nella quale criticava l’introduzione di leggi che punivano atti sessuali fra due persone di sesso maschile da parte del Ministero della giustizia prussiano. Kertbeny riuscì quindi nell’intento di donare una neutralità a un qualcosa che sino a quel momento era riconosciuto con i termini: sodomia, pederastia che avevano assolutamente una totale accezione negativa.
Kertbeny introdusse anche termini come bisessualità e normosessualità.
Lui per evitare che ci fossero ripercussioni sulla sua persona utilizzò sempre uno pseudonimo e mai si dichiarò ufficialmente.
Prima di lui nel 1864, il pensatore tedesco Karl Ulrichs che alla fine del 1800 è stato un pioniere del movimento omosessuale europeo coniò il termine Uranismo derivato dall’epiteto dato ad Afrodite, protettrice degli amori omosessuali, cioè Urania che significa paradisiaca, celestiale.
Ulrichs sosteneva che l’uranismo fosse il “terzo sesso”, che dipendeva da caratteristiche innate, da fattori biologici, pertanto non doveva e poteva essere discriminato. Questo termine fu comunque sostituito dal più generico omosessualità che non aveva la pretesa di ricercare e analizzare le cause del comportamento sessuale umano.
La figura di Ulricks è molto interessante perché a differenza di Kertbeny lui fece coming out nonostante il clima altamente discriminatorio dell’epoca.
Negli ultimi anni della sua vita scriveva: «Fino al momento della mia morte guarderò con orgoglio indietro a quel giorno, 29 agosto del 1867, quando trovai il coraggio di lottare faccia a faccia contro lo spettro di un’antica idra irata (OMOFOBIA) che da tempo immemorabile stava iniettando veleno dentro di me e dentro gli uomini della mia stessa natura. Parecchi sono stati spinti al suicidio perché tutta la loro gioia di vivere era sciupata. Infatti, sono orgoglioso di aver trovato il coraggio di assestare a questa idra il colpo iniziale del pubblico disprezzo.»
Nel momento della sua dichiarazione pubblica si rivolgeva al congresso dei giuristi di Monaco di Baviera per sollecitare l’abrogazione delle leggi contro gli omosessuali venendo zittito dalle loro grida perché considerato immorale.
Le parole scritte da Ulrichs riecheggiano nella testa e fungono da monito per chiunque di noi non riesce a combattere all’interno dello schema sociale in cui è inquadrato senza quindi riuscire ad emergere.
Ulrichs non è stato solo un teorico ma un eroe. Ha affermato la sua condizione. Ha rivendicato i suoi diritti. Il coming out di Ulrichs rappresenta un’impresa che non può essere paragonabile a nessun’altro.
Se negli ambienti intellettuali dell’epoca si intrattenevano anche dei rapporti omosessuali mai nessuno si era permesso di uscire allo scoperto. “Non parlare” significava “non esistere”. Invece Ulrichs fece da apri fila a tanti altri uomini spaventati giustamente dalle ripercussioni giudiziarie e dal pensiero della gente.
Prendendo Ulrichs come fonte di ispirazione, abbiamo l’obbligo di trovare il coraggio e il sostegno per distruggere questa antica idra irata!

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