Il matrimonio del mio migliore amico

Quasi un anno fa accadeva questo…
Come al solito il mio rapporto con il tempo è legato più ai ricordi che affiorano dopo che alle emozioni del presente.

Passeggiavamo lungo un molo, un pomeriggio della prima estate finché a un certo punto ci sedemmo e i miei amici mi comunicarono che avrei celebrato il loro matrimonio. Ero incredulo ed emozionato…
Non lo avrei mai immaginato…e per l’amore che provo per loro, per me sarebbe stato un grandissimo onore.
Che incredibile sorpresa…
Era un enorme fardello, un riconoscimento che mi inorgogliva da un lato e mi caricava di ansia e tensione dall’altro.
Il mio ruolo sarebbe stato fondamentale. Tutto doveva andare per il verso giusto.
Non avrei potuto fare gaffe. Avrei dovuto organizzare tutto perfettamente.
Sarebbe dovuta essere una giornata indimenticabile per gli sposi e per i presenti.
Di lì a poco per circa un mese mi sono trovato a coordinare tutti gli aspetti legati al rito. Un amico celebrante professionista mi aveva dato dei consigli e passato la copia del libretto di un matrimonio civile da lui celebrato.
Mi sentivo costantemente con gli sposi per dettagli tecnici e per la stesura dello scambio delle promesse. Davo disposizioni ad altri due amici che avrebbero parlato durante la celebrazione e qualche giorno prima contattai il Comune ospitante per definire gli ultimi dettagli.
Ci tenevo troppo che andasse tutto per il verso giusto.
Iniziai intanto a scrivere la mia introduzione.
Avevo visto alcuni video su Youtube per trarre l’ispirazione ma non mi convinceva la chiave troppo ironica dei discorsi. Ritenevo che troppe risate non avrebbero dato la giusta rilevanza all’atto che si sarebbe compiuto in quel momento. Bisognava essere più equilibrati. Sarei dovuto essere me stesso. Un po’ istituzionale, un po’ formale, un po’ prete buono (visti i trascorsi). Forse più di tanti altri avrei potuto elevare quel momento perché magari avevo ben chiara l’immagine rigorosa del matrimonio in chiesa con la sua ritualità e con gli istanti commoventi durante lo scambio delle promesse e delle fedi.
Nel matrimonio civile tutto ( o quasi) è personalizzabile. Addio ai soliti brani suonati in chiesa, pieno spazio ai gusti musicali degli sposi. Le promesse preparate sviluppate sull’esperienza di vita vissuta sino a quel momento. I brani letti dagli amici che hanno commosso tutti e che narravano teneramente la storia romanzata dei nostri amati sposi. La mia presentazione che esaltava i pregi della loro relazione assunta come esempio della coppia perfetta che si ama ogni giorno come se fosse il primo e che lascia piena libertà al proprio partner nel rispetto dell’altro. Ho parlato dell’istituzione del matrimonio e della sua bellezza. Poi c’è stato il momento della lettura degli articoli e ho cercato da buon delegato del Comune di dare il giusto tono solenne.
Ricordare tutti questi momenti mi emoziona. Avere la fortuna di essere stato partecipe di questo agglomerato di sentimenti che quel giorno hanno unito tutti è bellissimo. Un tripudio di emozioni, molto difficili da spiegare.
Sembrava come se il flusso dell’amore dei miei amici sposi che abbiamo celebrato si fosse diffuso in ognuno di noi rendendo possibile questa splendida celebrazione e questo splendido matrimonio.
Mai mi è sembrato che i contenuti messi in campo fossero così elevati. Difficilmente in un qualsiasi contesto sociale ho provato e percepito questa effervescenza nell’aria. Questo desiderio di comunicare e condividere emozioni. Come se questa celebrazione avesse scardinato una porta arrugginita, vecchia bloccata e chiusa da tempo. La porta delle emozioni che nella società attuale spesso sorda e intollerante preferiamo tenere sbarrata. Ma la magia di quel giorno ci ha reso tutti un po’ vulnerabili. Tutti uniti dal profondo bene per i nostri cari sposi. Ci siamo sentiti tutti più liberi e leggeri, abbiamo dato sfoggio alle nostre emozioni.
Noi che siamo intervenuti abbiamo dato voce a tutti i presenti.
Alla fine della celebrazione io avevo evitato di fare brutte figure e tutto sembrava perfetto. Molti hanno apprezzato questa rito e si sono complimentati con me e con tutti quanti.
L’obiettivo era stato raggiunto: rendere onore all’amore dei miei amici.
La giornata è stata indimenticabile…

Educatore in chiesa…

Passavano gli anni e io andavo avanti fingendo di nulla.
La mattina ero a scuola, il pomeriggio studiavo e la sera spesso in chiesa.
Ero un ragazzo modello. Un bel esempio per la comunità.
Diventai educatore durante l’Università. Ero molto felice. Decisi di impegnarmi anima e corpo in questa nuova esperienza. L’idea di stare a contatto con i più giovani e di avere la possibilità di diventare un loro punto di riferimento mi stimolava parecchio.
Adesso potevo concentrare l’impegno profuso in Chiesa anche attraverso questo incarico che anche rafforzava la mia identità di ragazzo di Chiesa da solidi principi morali cattolici.
Il mio segreto era al sicuro…
Per anni preparavo gli incontri con gli altri educatori, trattavo tematiche di vario genere, sostenevo i ragazzini e cercavo di essere il migliore esempio possibile per loro. Organizzavamo i campi-scuola che si tenevano in estate e che rappresentavano il più alto livello spirituale e operativo dell’anno. Assistevo a tantissimi momenti di preghiera.
Credevo di aver raggiunto una pace interiore e che la mia opera fosse in sintonia con il disegno di Dio.
Avevo sentito tante testimonianze di persone che avevano lasciato tutto per vivere in fraternità o comunità per servire Dio mantenendo la condizione di laicità. Sembrava che quella potesse essere un interessante ipotesi di vita e spesso ci fantasticavo sopra. Pensavo, osservando la vita di questi che alla fine si potesse vivere anche senza una relazione con qualcuno e che non fosse poi così fondamentale la sessualità. Ero lanciatissimo in questa prospettiva di vita.
Per molto tempo mi sentii coinvolto da questo pensiero però mi accorgevo che differentemente da questi “eletti” io non avevo il coraggio di lasciare tutto per immergermi in questo mondo puro.
Nonostante la mia dedizione alla Chiesa e il tentativo di perfezionare la mia spiritualità rimanevano radicati in me impulsi che non riuscivo e che non volevo soddisfare e che mi conducevano irrimediabilmente a prendere coscienza di me stesso. Mi sentivo impuro.
Dovevo fare i conti con me stesso. Questa non era la mia vita.

Mentire

Stavo implodendo. Vivevo con un immaginaria cintura di castità. Avevo abbandonato la sessualità.
Nascosi a tutti la mia condizione. Nessuno mi avrebbe capito e molto probabilmente sarei stato preso di mira dai bulletti e criticato dagli adulti.
Mantenere il mio segreto mi avrebbe permesso di sopravvivere. E l’istinto di sopravvivenza è il principale comportamento a cui dare ascolto in situazioni di pericolo. Io mi sentivo costantemente in pericolo. La paura di poter essere smascherato e di essere messo al patibolo era elevatissima.
Intanto provavo a mescolarmi tra gli altri cercando di non attirare particolari attenzioni. Che grande imbarazzo sentivo quando venivano fuori certi argomenti.
Nell’adolescenza i miei coetanei parlavano dei primi rapporti con l’altro sesso, molti si vantavano e ingigantivano gli eventi ed io invece dall’altra parte ammutolivo.
Era incredibile come in quella fase dell’adolescenza ogni 5 minuti tutti illustrassero le proprie esperienze, i propri desideri, le proprie perversioni…e io dall’altra parte cercassi di glissare.
Mi contraddistinsi in questo periodo per avere una personalità lunatica. In pochissimi, riuscivo a tirar fuori il meglio di me perché era più facile esprimere un parere più profondo, scambiarsi una confidenza, vivere una certa intimità; d’altro canto rimanevo in silenzio senza muovere un muscolo facciale in presenza dei grandi numeri perché si intraprendevano argomenti frivoli, superficiali, troppo leggeri per me che in realtà vivevo un dissidio interiore e non trovavo l’ambiente idoneo per potermi aprire tranquillamente.
Dovevo però giustificare i miei silenzi! Dovevo crearmi un alibi!
Dovevo trovarmi un personaggio che fosse alquanto credibile. La Chiesa in questo sarebbe stata molto di sostegno.
Nel corso degli anni molti sapevano che per me l’argomento “relazioni e sesso” rappresentasse un tabù. Incarnavo l’immagine del ragazzo timorato di Dio, pudico, riservato, che frequentava assiduamente la Chiesa la quale aveva influenzato la mia mentalità.
Per me era giusto che il primo rapporto sessuale avvenisse con la persona giusta e non si dovesse svendere il proprio corpo per il piacere dell’atto in sé. Questa visione come si sarebbe immaginato non raccoglieva il consenso di nessuno. L’adolescenza infatti è una fase della vita nella quale il tentativo di provare nuove esperienze è più forte di qualsiasi obbligo morale indotto. Molti adolescenti pensavano esclusivamente a soddisfare i propri istinti naturali senza preoccuparsi di eventuali remore morali.
Nonostante fossi considerato come un diverso (per mentalità, per ideologia) dal resto degli adolescenti, ero accettato dai coetanei e apprezzato dagli adulti. Il mio personaggio reggeva bene. Il mio segreto poteva rimanere nascosto. Mi sentivo tutto sommato tranquillo e quando avvertivo qualche pericolo, rappresentato da una platea di persone più attente, facevo molta attenzione a gestire la conversazione e per spazzare qualsiasi dubbio su di me che potesse emergere, inasprivo volutamente le mie parole diventando il più fiero paladino della moralità cristiana.
Mentivo agli altri, mentivo a me stesso.
Il personaggio stava prendendo il sopravvento sulla persona.