Imbalsamato…le scelte degli altri…

Praticamente mi accorgo per l’ennesima volta di essermi arenato. Sono bloccato, non riesco più ad andare avanti e nemmeno indietro. Posso solo sparire per tele-trasportarmi altrove. Perché quando abbandono un percorso ne inizio un altro. Quando incomincio qualcosa nutro la speranza che ciò possa essere una via di fuga che mi porti lontano dalla mia prigione. Ma sistematicamente qualcosa non funziona.
Ho alimentato il dubbio che le mie “scelte” in fin dei conti fossero indotte da qualcuno, qualcosa e mai pienamente consapevoli. Per questo motivo, forse, dopo l’entusiasmo iniziale legato alla novità succedeva che il mio interesse, il mio impegno si affievolisse e prendesse il sopravvento la pigrizia e poi la depressione…e sentissi l’esigenza di essere accompagnato perché tutto quello che faccio da solo non riesco a portarlo a compimento. Non ho la forza. Non ho la capacità. Così la vedo e perciò dopo un po’ di tempo lascio tutto e metto da parte.
Quando invece iniziavo un percorso insieme ad un’altra persona riuscivo a terminarlo perché mi sentivo sicuro e protetto.
Quello che sono oggi è il risultato delle scelte di altri che hanno deciso per me o mi hanno accompagnato al raggiungimento di un obiettivo. Gli altri possiedono il carattere giusto per affrontare la vita, io invece la vita l’ho sempre scansata, concentrandomi soltanto sul tentativo di sopravvivere. Sono il frutto del flusso degli eventi che si susseguono senza controllo.
Non ho mai scelto nulla nella mia vita. Sono sempre stato “portato” dal destino come un cane tenuto al guinzaglio dal proprio padrone. Sono figlio del contesto in cui ho vissuto. E’ come se seguissi un percorso generico prestabilito da quando sono nato per tutti quelli che nascono qui. Non c’è nulla di mio, delle mie passioni, non ci sono “diritti d’autore”.
Già prima che io nascessi, uno avrebbe potuto facilmente prevedere la vita, secondo gli schemi, del ragazzo che sarei stato. Ho fatto tutto secondo convenzione sia perché il convenzionale ti rassicura sia perché non avevo nulla di originale da dire e nessuno che mi spronasse a comunicare.
Mi ripetevo continuamente qualcosa che inconsciamente ho sempre saputo: “Non ho mai scelto”

Natale…

Fin da quando ero piccolo attendevo che arrivasse il periodo natalizio – periodo perché in fin dei conti è l’attesa del Natale che crea più piacere del Natale stesso che una volta arrivato genera tristezza e nostalgia – perché mi piaceva l’idea che ci si scambiassero dei doni, che tutta la famiglia fosse riunita e che tutti gli attriti sembrassero magicamente appianati. Un periodo in cui c’era la tradizione di fare il presepe, l’albero e di predisporre la casa con gli addobbi e luci natalizie. Il 16 dicembre di ogni anno arrivava la novena che preparava noi adolescenti spiritualmente all’avvento del Signore caratterizzata dalla sveglia la mattina presto, le luci soffuse, la chiesa gremita e la cioccolata calda prima di andare a scuola. C’era il cibo, tanto cibo, anzi troppo…piatti deliziosi preparati dalle sapienti mani di mia zia in collaborazione con mia madre. Le giocate a carte, le tombolate…le risate provocate dagli impacci dei nonni…E poi ciò che rendeva ancora più speciale questo periodo erano tutti i giorni di vacanze che ti permettevano di passare tanto tempo con gli amici e prendere un periodo di pausa dalla scuola.
Questo scenario però non esiste più…
Il tempo è passato e la mia famiglia è invecchiata. E’ giunta la malattia che ha distrutto la serenità. Il piacere di stare insieme si è trasformato in consuetudine.
Le cose hanno assunto un valore differente. Adesso il Natale in famiglia rappresenta il tentativo di provare a incollare i pezzi di un vaso rotto da tempo. I pranzi, le cene sono sempre abbondanti, i manicaretti domestici hanno lasciato lo spazio a piatti acquistati altrove. La cura, l’amore per la cucina, la realizzazione di un buon cibo come atto d’amore è svanita. C’è la ricerca del semplice e del veloce. Manca la passione. Ci si trova a tavola così, per caso. Si mangia, si dice qualche scemenza. Ognuno matura la consapevolezza che avrebbe preferito passare quel momento nella tranquillità della propria solitudine. Gli avanzi sono esageratamente tanti; a significare che si voleva colmare il vuoto dell’anima con il cibo. La qualità non esiste in nessun contesto. Ognuno non vede l’ora che tutto finisca al più presto. Non si gioca a carte, siamo troppo pochi. I nonni non ci sono più. La novena ha perso interesse. Mi sono allontanato dalla chiesa e la mia fede vacilla.
Tutto è cambiato e piano piano sto imparando ad accettarlo…
Da piccolo era tutto più semplice, adesso la mia vista è più nitida. Tutto è più chiaro.
E nonostante sia dura la realtà preferisco non avere un velo in volto che maschera le brutture del mio mondo.
Se accettare la propria realtà, superando il confronto col passato è fattibile, è molto più difficile quando interagiamo con gli altri. Con i Natali degli altri.
Ci sono famiglie che sono riuscite a perpetrare la tradizione nei tempi. Hanno risposto alla morte con la vita. Hanno tralasciato gli egoismi personali per il bene della comunità. Hanno insomma mantenuto il piacere di condividere insieme questo splendido periodo. Certamente tutto è sempre molto condito dalle convenzioni sociali, anzi familiari ma è tutto deliziosamente genuino.
Non c’è posto per me nei Natali degli altri come è giusto che sia ma è triste vivere in solitudine questo periodo e mi resta rimanere in attesa degli altri, tra un atto di condivisione familiare e un altro.

Mia madre…

Io non ero stato “pianificato”, come probabilmente ho già scritto. I miei non avrebbero voluto un altro figlio, però quando seppero della mia “presenza” decisero di proseguire la gravidanza. E dal giorno della mia nascita sento di aver instaurato un legame viscerale con mia madre.
A casa mia ho passato parecchio tempo con le donne che ho sempre rispettato, stimato e che a mio parere riuscivano nell’arduo compito di mantenere l’equilibrio all’interno della famiglia. Mio padre era spesso fuori casa, occupato con il lavoro. La mia infanzia è stata felice e protetta dalle donne: da mia madre, dalle mie zie. Ero l’ultimo dei cugini, il più piccolo di una famiglia (quella di mio padre) già un po’ vecchia, nella quale i primo dei miei pro-cugini (figli dei miei cugini) e io abbiamo una distanza di pochi anni. Mi ricordo di essere stato parecchio coccolato. Ero una sorta di mascotte per la mia famiglia e avevo un occhio di riguardo da parte di tutti perché portavo il nome di mio nonno. Insomma mi sentivo protetto e amato da tutti.
Mia madre che aveva lasciato il lavoro si occupava della mia crescita e di quella di mia sorella (più grande di me) e curava le relazioni con il resto della famiglia. Lavoro non facile assolutamente. Le discussioni spesso futili non mancavano.
Mia madre si occupava anche di mia nonna malata e dopo la sua morte di mio nonno rimasto vedovo e poco incline a svolgere le faccende domestiche nella sua piccola dimora.
La nostra è stata sempre una famiglia travagliata che però ha sempre trovato una soluzione alle difficoltà.
Ho stampato nella mia memoria il ricordo di mia madre che curatissima, profumata, truccata, vestita casual con jeans, scarpe ballerine, camicetta bianca, borsetta, occhiali da sole e una chioma fulva-bruna fluente mi accompagnava a scuola (spesso in ritardo perché doveva essere ineccepibile) con la sua 500 bianca. Mia madre era bellissima. Lei nonostante non avesse avuto mai avuto la possibilità di studiare, era una donna emancipata. Di umili origini si era sempre prodigata per la sua famiglia. Raffinata, elegante, introversa, silenziosa ha sempre dimostrato il suo amore verso di me e al tempo stesso come un sergente di ferro faceva rispettare le sue rigide regole in casa dove mi sentivo un po’ come un soldatino che prima o poi sarebbe stato richiamato a rapporto…Da bambino certe cose non si capiscono ma ora ringrazio tanto mia madre per l’educazione che ci ha impartito e del rigore che mi ha trasmesso e che riverso ovunque (croce e delizia della mia esistenza)…
Quante volte mi sono chiesto come fosse possibile che da genitori così belli sia nato un bruttino come me. I miei magri e modaioli (in alcune foto degli anni 80 sembrerebbero una coppia di attori hollywoodiani) da una parte… e io invece grassottello e nerd dall’altra…Bah!!!
Ogni volta che abbracciavo mia madre mi rasserenavo. Il suo calore mi avvolgeva…mi sentivo protetto e sicuro dallo schifo del mondo esterno.
Ho sempre ricercato mia madre. E lei cercava me…Ero il suo ometto e quando sono diventato grande ero il suo omone…
Io amo mia madre. E’ sempre stata l’unica vera donna della mia vita.
Poi tutto è cambiato…con l’avvento della malattia…una dannata malattia neurologica (tanto per cambiare)…
Ogni giorno da 15 anni lei diventa sempre di più la sua malattia e perde un tratto della sua personalità.
Come per mio padre, ho sentito l’obbligo di rimboccarmi le maniche per garantire il meglio anche per lei.
Ora rimane il suo amore che è immutabile, rimane intatto e vince sulla malattia.
I suoi sentimenti non sono cambiati affatto, cambia solo il suo modo di manifestarli.
Il suo carattere è mutato…si è semplificato. A sprazzi il suo atteggiamento mi ricorda lei prima della malattia, come se intervenisse la lucidità in lei con l’intento di rendersi riconoscibile ai suoi cari.
Lei non è più come prima. Adesso è una bambina nel corpo di una 70enne. Io nonostante tutto non perdo il momento di rivendicare il mio ruolo di figlio. I ruoli non si sono invertiti. Anche se i miei necessitano di me io rimango il loro figlio.
Ascolto e rispetto le loro parole. Nonostante tutto sono sempre il mio punto di riferimento.
Io e mia madre siamo legati da una relazione indissolubile. Lei si fida di me, mi dà ascolto. E’ come se nonostante tutto ci sia rimasto il linguaggio dell’amore che ci permette di comunicare.
Io sono e sarò per sempre il suo omone.

Mio padre…

Quante volte ho incrociato lo sguardo di mio padre e mi sono chiesto se lui sapesse della mia omosessualità (?)… Pensavo spesso al dispiacere che gli recassi di avermi come figlio.
Gli altri ragazzi parlavano delle prime fidanzatine, altri (più decisi) le portavano anche a casa. E io??? Come riusciva mio padre a giustificare l’assenza di una ragazza accanto a me??? Forse (?)…motivava il tutto col fatto che ero un ragazzo timido e solo. Immaginava quindi che fossi goffo con l’altro sesso e come succede a molti, un giorno come probabilmente si immaginava nella testa avrei aperto la porta di casa e avrei chiamato i miei genitori per presentare la mia ragazza (Purtroppo questo non sarebbe mai accaduto…).
Lui mi ha sempre spronato a migliorare. Voleva che fossi più attivo, più aperto, e stessi in mezzo agli altri ma sono passati tanti anni prima che mi emancipassi e stringessi rapporti veri e sinceri con gli altri.
Siamo molto diversi lui: sportivo, curato, punto di riferimento, determinato; io: ponderato, fuori forma, pigro, gregario. Quasi sicuramente non avrebbe voluto un figlio come me, però non mi ha mai privato del suo sostegno. Avrei voluto regalargli almeno un immagine di me più attiva, decisa, capace, ma non potevo fingere un carattere diverso dal mio.
Quando ero in crisi per via della mia facoltà, mio padre senza che gli dissi nulla ebbe l’arguzia di comprendere il mio problema e mi dimostrò tutta la sua sensibilità e solidarietà spronandomi ad andare avanti e a scegliere una nuova facoltà.
Ero estremamente sollevato. Provavo una profonda gioia.
Mi capitava di immaginare che lui sapesse tutto da sempre.
Qualche anno fa quando gli hanno diagnosticato una gravissima malattia neurodegenerativa io sono impazzito. Sono stato assalito da ansia e depressione. Mio padre che si era sempre occupato di noi ora aveva bisogno di me.
In quel momento frequentavo l’università. Non avevo nessuna responsabilità e limiti. Avevo una paghetta settimanale. Ero totalmente dipendente da mio padre. Ero particolarmente immaturo. Non avrei mai potuto immaginare che mi sarebbe capitato un dramma così devastante.
Siamo abituati a osservare con grande distacco certe realtà finché poi ci ritroviamo impreparati a viverle a casa. Sono dovuto crescere velocissimamente, dovevo badare a mio padre. Dovevo organizzare il nuovo assetto domestico. Dovevo aiutare mio padre ad accettare questa dannata malattia. Dovevo pensare a portare avanti una casa. Dovevo occuparmi anche di mia madre. Mia madre era già malata da tempo e mio padre era riuscito magistralmente a non caricarci di questo peso. Io fino a quel momento non avevo mai realizzato che mia madre avesse bisogno di aiuto. Nonostante il suo problema ero sempre riuscito a vederla nel suo ruolo di madre che magari faceva fatica rispetto alle altre madri ma più o meno riusciva a occuparsi di noi.
In pratica mi sono trovato a fare il capo-famiglia senza che l’avessi voluto, senza nessuna abilità, senza sapere nulla.
Che grande difficoltà all’inizio. Non avevo l’idea da dove iniziare e non potevo contare su nessun altro famigliare che non fosse mia sorella che sembrava totalmente in balia delle onde.
Bisognava farsi forza. Mascherare le ansie, le paure. Mostrare tranquillità e sicurezza. E andare avanti…
Mio padre aveva bisogno di me. La mia omosessualità ancora per una volta poteva aspettare…

Anche io su “Il congresso mondiale della famiglia”

Finalmente è finito…così non se ne parlerà più e non ci sarà più nessuna esposizione mediatica delle posizioni medievali espresse che dovrebbero invece cadere nell’oblio assoluto.
Il congresso mondiale della famiglia ha concentrato attorno a sé molte discussioni, confronti e critiche. Di carne al fuoco ce ne sarebbe già abbastanza però mi sembrava giusto scrivere qualcosa.
Nonostante il mio blog parli di me stesso (e spero in un futuro che possa raccontare anche le storie di altri) ho realizzato che dovessi anche io esprimere una mia opinione perché sostanzialmente questo Congresso mondiale della famiglia rappresenta tutto ciò che impedisce a una persona omosessuale di dichiararsi liberamente.
Come riuscire a fare un eventuale coming out se c’è gente che diffonde, attraverso questi eventi: odio, intolleranza e razzismo verso quelli che semplicemente vorrebbero rivendicare i propri diritti??? E’ difficilissimo.
Quello che percepisco è che ormai da qualche tempo ci sia una sorta di crociata da parte delle associazioni ultra-cattoliche che promuovono un modello di vita “tradizionale e virtuoso” in contrapposizione alla “depravazione e anormalità” degli Altri.
Quando ci furono le crociate i cristiani lottavano contro i musulmani, ci furono migliaia di morti in nome di Dio e dopo molti secoli Giovanni Paolo II fu costretto a fare mea culpa di questo gravissimo peccato compiuto dalla Chiesa.
Immagino che: allo stesso modo questa crociata ideologica (fino a un certo punto…) potrebbe essere oggetto di scuse di un Papa del futuro. Sarebbero ricordate le vessazioni, insulti, violenze, omicidi subiti da chi semplicemente avrebbe voluto dichiarare al mondo il proprio orientamento per conto degli ultra-conservatori, omofobi, razzisti, pazzi con istinti reazionari. Addirittura tra i più magnanimi verrebbe menzionato chi invitava gli omosessuali ritenuti dei “malati” a curarsi presso dei centri ad hoc, e come si dicesse che “Luca era gay, adesso sta con lei” come faceva la canzone di quel pazzoide di Povia.
Ho sentito in questi giorni delle interviste fatte ad alcuni partecipanti che mi hanno terrorizzato. Elemento comune di questi invasati è la determinazione da kamikaze prima di compiere l’atto estremo, nel dichiarare le proprie opinioni con la totale mancanza di senso critico ergendosi a depositari della Verità assoluta dalla quale nessuno può sfuggire, e nel mostrare profonda ostilità, odio verso i fallaci che devono espiare i propri peccati per non bruciare all’Inferno. E ancora…dovreste vedere gli occhi di una sostenitrice di mezza età con una Madonna tra le mani che diceva al giornalista che le facevano schifo i gay e sarebbe stato inaccettabile vedere in giro due maschi tenersi per mano. Che abominio (lei)!
Come si potrebbe mai dialogare con questi invasati?
L’assurdità della questione è che questi “cattolici” sono solo buoni a stringersi attorno a queste pretese ideologiche trascurando l’aspetto più importante che è rappresentato da quel pacchetto di valori fondamentali per essere considerati dei buoni fedeli.
Solidarietà, fratellanza, tolleranza consentirebbero infatti di riconoscere la diversità e di rispettarla anche se non fosse condivisibile. Il fanatismo però spazza tutto. Alcuni capisaldi diventano solo pretesti per la discussione e la rettitudine lascia spazio alla violenza.
Anche il Congresso ha prodotto una cosa piacevole. Mi ha sorpreso sentire il Presidente del Veneto Zaia (leghista) che abbia espresso idee progressiste e abbia sostenuto una cosa che dovremmo urlare ovunque per ristabilire l’ordine razionale delle cose: L’OMOFOBIA E’ L’UNICA MALATTIA!!!
Non tutti i mali vengono per nuocere…

Io e gli altri: adolescenza

Archiviata la mia sessualità, andavo avanti concentrandomi sui miei doveri adolescenziali e coltivando le mie amicizie.
La mia vita si riassumeva in poche parole: scuola, chiesa e amici.
Nell’adolescenza i miei coetanei iniziavano ad avere i primi approcci con l’altro sesso. Le bambine che sino a qualche tempo fa erano considerate delle noiose palle al piede che giocavano con le bambole, troppo distanti dai maschietti intenti a giocare a pallone e a fare i selvaggi per strada, si trasformavano in ragazzine interessanti, oggetti del desiderio maschile. Partivano le letterine. C’erano i primi appuntamenti. L’attenzione dei ragazzini si focalizzava completamente alla ricerca del sesso femminile. Tanti erano i tentativi vani, tant’è che riuscire a ottenere un piccolo bacio era una conquista incredibile degna di essere raccontata agli altri compagni che provavano invidia. C’era un desiderio costante verso l’altro sesso, era un punzecchiamento (a volte reciproco) che però non si traduceva quasi mai in fatti concreti. In questo contesto il mio atteggiamento di completa indifferenza verso l’altro sesso poteva passare inosservato.
Quando queste mosse si tradussero in relazioni (più o meno stabili), per la prima volta, la differenza tra me e gli altri iniziò a palesarsi praticamente. Ero preoccupato, ma sapevo che il mio alibi avrebbe retto. Immaginavo che si potesse pensare che fossi un ragazzo timido e che, come succede a tanti, un giorno sarei riuscito anche io ad avvicinarmi al sesso femminile. Tra i miei amici girava l’idea che ero timido e introverso. Approfittavo del fatto che frequentassi la chiesa per ribadire il concetto cattolico di “sesso dopo il matrimonio”. Almeno temporaneamente ero riuscito nel mio obiettivo, avrei potuto procedere per qualche anno così senza essere sgamato. Qualche volta ripensavo al fatto che potesse essere soltanto una fase e che forse più tardi sarebbe sopraggiunto il “naturale” interesse per le donne. Ahimè no…che tonto!
I miei famigliari invece non fecero mai domande dirette sul mio rapporto con le ragazzine. I miei genitori, fortunatamente, mostrarono sempre un atteggiamento disinteressato. Odiavo invece il parente, amico di famiglia di turno che nella totale mancanza di argomenti di discussione tirava in ballo me chiedendomi davanti a tutti quando avrei presentato la mia ipotetica fidanzatina e avviando una conversazione tra tutti i presenti che si sentivano il diritto di esprimere un parere su questa tipa che per qualche malsano ragionamento, prima di piacere a me, avrebbe dovuto raccogliere il consenso di tutta la famiglia…Non potete immaginare il mio profondo imbarazzo. Tentavo quindi di glissare, alterando il discorso e introducendo qualche argomento di discussione più serio: malattie o decessi di parenti più o meno lontani che catturavano l’attenzione degli astanti. Tutto sommato riuscivo a dare l’idea del ragazzo riservato che come tanti a quell’età faceva le “cose” e se le teneva per sé senza comunicarle a nessuno, specialmente la propria famiglia.
In pratica riuscì a tenere sotto controllo il pensiero della gente: per i miei amici ero un ragazzo timido, poco intraprendente e un fervente cattolico; per la mia famiglia invece un ragazzo riservato in preda alla classica crisi adolescenziale.
E invece riuscivo a malapena a controllare i miei veri impulsi…

Andare avanti…

Assurdo!!! Proprio io…quello che voleva un’esistenza facile, senza problemi, pianificata secondo le conformità dell’uomo medio.
Perché mai mi piacevano persone del mio stesso sesso? Perché non riuscivo a provare attrazione per le ragazze? Questi quesiti mi bombardavano la testa e io non riuscivo a dare risposte. Eppure immaginavo che quelli scambi di affetto con dei miei amichetti dell’infanzia dovessero essere soltanto episodi isolati senza senso ai quali non bisognasse riservare nessuna attenzione, avvenuti magari perché mossi dalla curiosità. In realtà solo oggi realizzo che stavo incubando qualcosa che mi avrebbe segnato per sempre l’esistenza.
I più intolleranti, i super-cattolici, i sostenitori della famiglia “tradizionale”, gli estremisti di destra, i movimenti conservatori di tutto il mondo definiscono i gay come esseri contro natura. Sono considerati come dei disturbati, perversi, lussuriosi, amanti delle orge, capaci di compiere atti osceni, sodomiti, in pratica assoluti violatori della morale cristiana. Peccatori di prima specie destinati a bruciare nelle fiamme dell’Inferno.
Quello che viene affermato è che l’omosessualità sia considerata una scelta di perversi incuriositi. Una pratica sessuale, un comportamento riprovevole che potrebbe essere corretto abiurandolo e ritornando alla “normalità” magari dopo un percorso assistenziale presso delle comunità che ti dovrebbero riportare sulla “retta via”, facendoti sicuramente il lavaggio del cervello. Peccato che non sia così. E’ profondamente una cazzata.
Parliamoci sinceramente. Chi dovrebbe scegliere di far parte di questa minoranza di persone che viene spesso criticata, molestata, perseguitata e addirittura assassinata. Solo un pazzo farebbe una scelta del genere. E vi assicuro cari amici che non credo di essere pazzo, né io e nemmeno tutti quelli come me. Io non ho mai cercato una vita “spericolata” anzi ho sempre preferito rispettare le regole e ascoltare i grandi. A me il vestito del marito lavoratore con la moglie che accudisce i figli sarebbe calzato a pennello.
Quindi, che senso avrebbe per uno come me: sempre prudente, rispettoso, per certi versi pavido, “scegliere” di entrare in un contesto del genere posto perennemente sotto la lente d’ingrandimento? Nessuno, assolutamente nessuno.
Non puoi combattere contro i tuoi sentimenti, quello sì che sarebbe contro natura.
Perché sì, si tratta di sentimenti. Gli omosessuali sono mossi dagli stessi sentimenti degli eterosessuali ma hanno grandissime difficoltà per poterli manifestare alla luce del sole.
Per quale motivo dovrei annullare le mie pulsioni per intraprendere una vita basata sulla falsità? Perché dovrei prendere in giro probabili amanti, figli e affetti vari?
Vorrebbero omologarci, costringerci a vivere nella menzogna. Tanto anche se non si dice è l’apparenza quella che conta. Tu sei quello che fai. Quindi tutti quanti noi potremmo fare i maritini perfetti, andare in chiesa e rappresentare la famiglia tradizionale ma alimentare segretamente interessi criminalizzati dalla società. Questo atteggiamento abominevole che annulla l’identità umana purtroppo è diffuso. Molti hanno dovuto rinnegare se stessi per intraprendere una falsa esistenza perché tanta era ed è la pressione omofoba dei gruppi di potere che influenzano le menti. Questa sarebbe dovuta essere anche la mia storia. Ci ho pensato! Però ho sempre considerato la cosa ingestibile perché quando annulli te stesso prima o poi devi fare i conti con la tua coscienza e non puoi evitare che la tua vera natura emerga, specialmente dopo tanti anni di ibernazione, e travolga completamente la tua realtà. Ho fatto fortunatamente (?) un’altra scelta.

Premessa…

Non è importante sapere chi sono perché non faccio la differenza. La mia è una storia come tante altre. Molti si possono rispecchiare e tanti altri possono prendere ispirazione oppure le complete distanze.
Non ho la pretesa e la presunzione di insegnare come bisognerebbe vivere, anzi vorrei ricevere io stesso dei consigli di vita.
Vorrei creare uno spazio in cui interagire.
Parlare delle difficoltà per risolverle insieme.
Le mie parole scritte suonano come urla di sfogo che rivelano le mie verità: celate e soppresse da troppi anni ormai.
Vorrei con la scrittura e la condivisione trovare La Soluzione.