Io non ero stato “pianificato”, come probabilmente ho già scritto. I miei non avrebbero voluto un altro figlio, però quando seppero della mia “presenza” decisero di proseguire la gravidanza. E dal giorno della mia nascita sento di aver instaurato un legame viscerale con mia madre.
A casa mia ho passato parecchio tempo con le donne che ho sempre rispettato, stimato e che a mio parere riuscivano nell’arduo compito di mantenere l’equilibrio all’interno della famiglia. Mio padre era spesso fuori casa, occupato con il lavoro. La mia infanzia è stata felice e protetta dalle donne: da mia madre, dalle mie zie. Ero l’ultimo dei cugini, il più piccolo di una famiglia (quella di mio padre) già un po’ vecchia, nella quale i primo dei miei pro-cugini (figli dei miei cugini) e io abbiamo una distanza di pochi anni. Mi ricordo di essere stato parecchio coccolato. Ero una sorta di mascotte per la mia famiglia e avevo un occhio di riguardo da parte di tutti perché portavo il nome di mio nonno. Insomma mi sentivo protetto e amato da tutti.
Mia madre che aveva lasciato il lavoro si occupava della mia crescita e di quella di mia sorella (più grande di me) e curava le relazioni con il resto della famiglia. Lavoro non facile assolutamente. Le discussioni spesso futili non mancavano.
Mia madre si occupava anche di mia nonna malata e dopo la sua morte di mio nonno rimasto vedovo e poco incline a svolgere le faccende domestiche nella sua piccola dimora.
La nostra è stata sempre una famiglia travagliata che però ha sempre trovato una soluzione alle difficoltà.
Ho stampato nella mia memoria il ricordo di mia madre che curatissima, profumata, truccata, vestita casual con jeans, scarpe ballerine, camicetta bianca, borsetta, occhiali da sole e una chioma fulva-bruna fluente mi accompagnava a scuola (spesso in ritardo perché doveva essere ineccepibile) con la sua 500 bianca. Mia madre era bellissima. Lei nonostante non avesse avuto mai avuto la possibilità di studiare, era una donna emancipata. Di umili origini si era sempre prodigata per la sua famiglia. Raffinata, elegante, introversa, silenziosa ha sempre dimostrato il suo amore verso di me e al tempo stesso come un sergente di ferro faceva rispettare le sue rigide regole in casa dove mi sentivo un po’ come un soldatino che prima o poi sarebbe stato richiamato a rapporto…Da bambino certe cose non si capiscono ma ora ringrazio tanto mia madre per l’educazione che ci ha impartito e del rigore che mi ha trasmesso e che riverso ovunque (croce e delizia della mia esistenza)…
Quante volte mi sono chiesto come fosse possibile che da genitori così belli sia nato un bruttino come me. I miei magri e modaioli (in alcune foto degli anni 80 sembrerebbero una coppia di attori hollywoodiani) da una parte… e io invece grassottello e nerd dall’altra…Bah!!!
Ogni volta che abbracciavo mia madre mi rasserenavo. Il suo calore mi avvolgeva…mi sentivo protetto e sicuro dallo schifo del mondo esterno.
Ho sempre ricercato mia madre. E lei cercava me…Ero il suo ometto e quando sono diventato grande ero il suo omone…
Io amo mia madre. E’ sempre stata l’unica vera donna della mia vita.
Poi tutto è cambiato…con l’avvento della malattia…una dannata malattia neurologica (tanto per cambiare)…
Ogni giorno da 15 anni lei diventa sempre di più la sua malattia e perde un tratto della sua personalità.
Come per mio padre, ho sentito l’obbligo di rimboccarmi le maniche per garantire il meglio anche per lei.
Ora rimane il suo amore che è immutabile, rimane intatto e vince sulla malattia.
I suoi sentimenti non sono cambiati affatto, cambia solo il suo modo di manifestarli.
Il suo carattere è mutato…si è semplificato. A sprazzi il suo atteggiamento mi ricorda lei prima della malattia, come se intervenisse la lucidità in lei con l’intento di rendersi riconoscibile ai suoi cari.
Lei non è più come prima. Adesso è una bambina nel corpo di una 70enne. Io nonostante tutto non perdo il momento di rivendicare il mio ruolo di figlio. I ruoli non si sono invertiti. Anche se i miei necessitano di me io rimango il loro figlio.
Ascolto e rispetto le loro parole. Nonostante tutto sono sempre il mio punto di riferimento.
Io e mia madre siamo legati da una relazione indissolubile. Lei si fida di me, mi dà ascolto. E’ come se nonostante tutto ci sia rimasto il linguaggio dell’amore che ci permette di comunicare.
Io sono e sarò per sempre il suo omone.
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Mio padre…
Quante volte ho incrociato lo sguardo di mio padre e mi sono chiesto se lui sapesse della mia omosessualità (?)… Pensavo spesso al dispiacere che gli recassi di avermi come figlio.
Gli altri ragazzi parlavano delle prime fidanzatine, altri (più decisi) le portavano anche a casa. E io??? Come riusciva mio padre a giustificare l’assenza di una ragazza accanto a me??? Forse (?)…motivava il tutto col fatto che ero un ragazzo timido e solo. Immaginava quindi che fossi goffo con l’altro sesso e come succede a molti, un giorno come probabilmente si immaginava nella testa avrei aperto la porta di casa e avrei chiamato i miei genitori per presentare la mia ragazza (Purtroppo questo non sarebbe mai accaduto…).
Lui mi ha sempre spronato a migliorare. Voleva che fossi più attivo, più aperto, e stessi in mezzo agli altri ma sono passati tanti anni prima che mi emancipassi e stringessi rapporti veri e sinceri con gli altri.
Siamo molto diversi lui: sportivo, curato, punto di riferimento, determinato; io: ponderato, fuori forma, pigro, gregario. Quasi sicuramente non avrebbe voluto un figlio come me, però non mi ha mai privato del suo sostegno. Avrei voluto regalargli almeno un immagine di me più attiva, decisa, capace, ma non potevo fingere un carattere diverso dal mio.
Quando ero in crisi per via della mia facoltà, mio padre senza che gli dissi nulla ebbe l’arguzia di comprendere il mio problema e mi dimostrò tutta la sua sensibilità e solidarietà spronandomi ad andare avanti e a scegliere una nuova facoltà.
Ero estremamente sollevato. Provavo una profonda gioia.
Mi capitava di immaginare che lui sapesse tutto da sempre.
Qualche anno fa quando gli hanno diagnosticato una gravissima malattia neurodegenerativa io sono impazzito. Sono stato assalito da ansia e depressione. Mio padre che si era sempre occupato di noi ora aveva bisogno di me.
In quel momento frequentavo l’università. Non avevo nessuna responsabilità e limiti. Avevo una paghetta settimanale. Ero totalmente dipendente da mio padre. Ero particolarmente immaturo. Non avrei mai potuto immaginare che mi sarebbe capitato un dramma così devastante.
Siamo abituati a osservare con grande distacco certe realtà finché poi ci ritroviamo impreparati a viverle a casa. Sono dovuto crescere velocissimamente, dovevo badare a mio padre. Dovevo organizzare il nuovo assetto domestico. Dovevo aiutare mio padre ad accettare questa dannata malattia. Dovevo pensare a portare avanti una casa. Dovevo occuparmi anche di mia madre. Mia madre era già malata da tempo e mio padre era riuscito magistralmente a non caricarci di questo peso. Io fino a quel momento non avevo mai realizzato che mia madre avesse bisogno di aiuto. Nonostante il suo problema ero sempre riuscito a vederla nel suo ruolo di madre che magari faceva fatica rispetto alle altre madri ma più o meno riusciva a occuparsi di noi.
In pratica mi sono trovato a fare il capo-famiglia senza che l’avessi voluto, senza nessuna abilità, senza sapere nulla.
Che grande difficoltà all’inizio. Non avevo l’idea da dove iniziare e non potevo contare su nessun altro famigliare che non fosse mia sorella che sembrava totalmente in balia delle onde.
Bisognava farsi forza. Mascherare le ansie, le paure. Mostrare tranquillità e sicurezza. E andare avanti…
Mio padre aveva bisogno di me. La mia omosessualità ancora per una volta poteva aspettare…
Premessa…
Non è importante sapere chi sono perché non faccio la differenza. La mia è una storia come tante altre. Molti si possono rispecchiare e tanti altri possono prendere ispirazione oppure le complete distanze.
Non ho la pretesa e la presunzione di insegnare come bisognerebbe vivere, anzi vorrei ricevere io stesso dei consigli di vita.
Vorrei creare uno spazio in cui interagire.
Parlare delle difficoltà per risolverle insieme.
Le mie parole scritte suonano come urla di sfogo che rivelano le mie verità: celate e soppresse da troppi anni ormai.
Vorrei con la scrittura e la condivisione trovare La Soluzione.