La liberazione

Scrivo un po’ a caso. Inizio con un argomento, poi sospendo e ne incomincio un altro.
Questo capitolo della mia vita si riferisce all’estate dell’anno scorso.

Era domenica. Passavo il tempo a casa senza fare nulla di particolare.
Da giorni pensavo costantemente a quell’associazione lgbti consigliata da un amico. Quante volte mi ero imbattuto nella loro pagina Facebook, a leggere i loro post, e osservare i loro eventi, senza riuscire mai a fare nulla. Nessun like, nessun intervento. Ero un fantasma che fluttuava su di loro attento a ogni particolare o una sorta di stalker che bramava di avere una intima relazione con l’associazione…
Fatto sta che non avrei potuto palesarmi pubblicamente mettendo un “mi piace” all’associazione perché altrimenti avrei attirato l’attenzione dei miei “amici” di Facebook che avrebbero finalmente avuto l’ultimo pezzo di puzzle per confermare i loro dubbi sul mio orientamento: argomento di notevole interesse per molti miei conoscenti. Sono rimasto in questo limbo per circa un anno. Da quando mi avevano parlato di questa associazione sapevo che sarebbe stata utile per la mia emancipazione, per la mia apertura.
Tutto sarebbe dovuto partire da lì. La mia nuova vita sarebbe dovuta iniziare una volta che fossi riuscito a instaurare un contatto. Così immaginavo come sarebbero andate le cose e al tempo stesso credevo che questo episodio avrebbe avuto solo un valore onirico e che per definizione sarebbe rimasto come tale nelle mia testa senza mai concretizzarsi.
In quella domenica insensata di mattina tra un caffè e una tisana decisi di sparare finalmente la mia cartuccia. Veloce e indolore. Così doveva essere. Avevo mandato un messaggio all’associazione, una breve presentazione con una richiesta di aiuto…io stesso non ci credevo…ero turbato, spaventato…immaginavo i tipi dell’associazione che pensavano di sto sfigato che per 32 anni aveva represso la sua vera natura…Ero molto preoccupato…Dopo 1 secondo mi ero già pentito…
Che cavolo avevo fatto ?!?

Non potevo stare un altro giorno tranquillo nella mia comfort zone ?!?
Intanto erano passati alcuni giorni e nessuno mi rispondeva. Provavo sempre più imbarazzo. Un giorno però mi arrivò una notifica su Facebook. Oh cazzo!!!!!!!!!
E ora???? Mi avevano risposto…Era un ragazzo, un componente dell’associazione che mi aveva scritto mostrandomi una certa solidarietà. Abbiamo iniziato a scriverci e poi abbiamo fissato un appuntamento presso la loro sede.
Il giorno prima purtroppo il ragazzo aveva avuto la febbre e lui mi mise in contatto con un altro del direttivo. Il giorno dell’appuntamento ero molto emozionato. Non sapevo cosa dire e chi mi sarei trovato di fronte. Avevo paura. Come sempre la mente di fronte alle novità ci crea dei cattivi scherzi. Ho fatto la conoscenza di questo ragazzo e siamo stati a parlare di me e dell’associazione con grande pace e rispetto.
Può sembrare banale scriverlo ma mi sentivo a casa. Ero stato onesto e non sentivo per la prima volta la paura che il mio interlocutore mi stesse giudicando. Ero protetto. Dopo una bella chiacchierata io me ne sono andato perché di lì a poco ci sarebbe stata la riunione ufficiale dell’associazione. Quel giorno mi sono sentito fiero di me stesso…
La settimana successiva mi sono recato all’associazione per partecipare alla mia prima riunione che corrispondeva all’ultima per l’associazione prima della pausa estiva. Le mie paure erano ancora più forti, avevo il timore che sarei rimasto attaccato al mio noto interlocutore che avrebbe dovuto farmi da chioccia.
Invece no, nuovamente mi sentivo completamente a mio agio. Uno stato di benessere mai sentito in vita mia, o almeno mai percepito in maniera così prolungata. Quanto sono stato sciocco!!! Quanto tempo ho perso…Se solo avessi dato ascolto al mio cuore avrei impedito che i miei dolori prendessero su di me il sopravvento. Man mano che arrivava gente mi presentavo. Parlottavo con chi capitava. Non mi era mai capitato di essere così eloquente tra sconosciuti. La chiave era sempre quella: NON AVEVO PAURA DEL GIUDIZIO DEGLI ALTRI.
Chiunque si poneva empaticamente. Sapevo che quello che dicevo era stato provato in qualche modo da un po’ tutti. Feci la mia testimonianza davanti a una 30ina di persone che a parte il mio interlocutore non conoscevo. Ero stato molto onesto. Avevo raccontato il mio dramma e dell’esigenza di ricevere guida e consigli dall’associazione…Intanto quando ho sentito parlare gli altri…giovani che avevano vissuto l’adolescenza lottando per i propri diritti e vivendo la malvagità dei bulli, allora mi sono sentito una cacca. Loro avevano deciso di esprimersi liberamente e io mi ero nascosto sotto terra. Avevo imparato tanto quella sera.
L’associazione sembrava il giusto trampolino di lancio…
Io ero pronto a seguire con la mano aperta e protesa come un bimbo alla ricerca della mani grandi e rassicuranti di un padre…

Bullizzato (?)

Impaurito dal mondo, spesso rimanevo solo a casa, mogio sul mio letto, quando invece i miei coetanei gareggiavano a chi creasse più scompiglio nel quartiere.
Ero un ragazzino sfigato degli anni ’90 che aveva paura degli altri.
Quante volte mi sarà successo di rimanere a casa e mio padre mi spronava a vestirmi e stare con gli altri. Quanta ansia. Avevo paura di essere preso in giro, di essere giudicato. Per me era uno shock ricevere insulti e violenze. Provavo a difendermi ma davanti a tale crudeltà e tracotanza rimanevo attonito. Non capivo le ragioni. Era tutto molto fine a se stesso. Spesso ritornavo a casa completamente scosso e agitato con l’idea che avrei dovuto reagire, avrei dovuto far sentire la mia voce. In realtà l’istinto di sopravvivenza mi spingeva a evitare i luoghi del misfatto e quelli frequentati dai miei carnefici.
Prima non si parlava di bullismo…ed era pratica alquanto comune e per certi versi giustificata che il più forte in ogni contesto dovesse prendere sopravvento sul più debole. Rispetto a oggi certi comportamenti sociali funzionavano diversamente, specialmente per le limitate capacità di diffusione delle notizie. Un bullo di oggi può contare sui social per ottenere una certa popolarità che lo investe del titolo di re del branco o addirittura re del web se le situazioni prendono una strana e brutta piega. Prima il campo di azione del bulletto e la diffusione delle sue malefatte era limitato al quartiere di paese. Non si immortalavano questi episodi violenti come viene fatto oggi. Oggi alla prima baruffa tutti i ragazzi sono pronti con il cellulare a riprendere questo spettacolo deplorevole. Nessuno interviene più a interrompere lo scontro. Prima c’era maggiore coscienza. Si comprendevano i limiti e si dava maggiore importanza ai rapporti umani.
Noi sfigati degli anni ’90 dovremmo ringraziare probabilmente l’arretratezza tecnologica del tempo se siamo riusciti a razionalizzare questi eventi traumatici e siamo riusciti ad andare avanti sfuggendo alla sorte nefasta di molti ragazzi bullizzati di oggi giorno. Forse siamo salvi proprio per quello. La poca visibilità del nostro bulletto o dei nostri castighi ci ha salvato. Abbiamo evitato che anche la rete potesse infierire su di noi.
Durante le scuole medie capitava tra noi ragazzi di prendere in giro le nostre madri e sorelle. Era un modo goliardico per passare del tempo. Si raccontavano storielle, si intonavano canzoncine. Tutto sembrava al quanto democratico. Con l’avanzare del tempo però si consolidava una certa ostilità nei miei confronti. Proprio a partire da quelli che reputavo amici avvenne una campagna contro di me. Non credo ci fosse l’intenzione di prendermi di mira anche perché non c’erano validi motivi però su di me questo sbeffeggiamento aveva un effetto rilevante perché mi offendevo parecchio e più provavo a difendere me e quindi mia sorella da quelle accuse infondate, più il fenomeno diventava ostile…
Fu inventato un acronimo che riguardava mia sorella e che mi veniva rivolto per offendermi. Dalla classe questo fenomeno iniziò a espandersi a macchia d’olio.
Compagni di classe, di gioco, ragazzini della chiesa, sconosciuti, quando mi vedevano pronunciavano a voce alta quell’acronimo, o canticchiavano un motivetto.
Qualcuno addirittura scriveva sui muri. Dopo aver tentato tante volte di placare questi sfottò alla fine decisi di accettare la mia condizione di vittima sacrificale con la speranza che da grande tutto ciò si sarebbe risolto.
Anche quando tutto sembrava finito, ho convissuto per anni con la paura di essere preso in giro e di trovare in giro i miei carnefici.
Adesso tutto questo mi sembra molto distante ma mi accorgo che ancora oggi porto con me gli strascichi di quella brutta esperienza. Sono estremamente diffidente nei confronti del prossimo. Ricerco consenso sociale. Preferisco non esprimere il mio parere perché non voglio generare ostilità.
Penso che magari senza quel periodo sarei stato più sgombro mentalmente dalle strutture che mi hanno ingabbiato.
Mi sarei sentito più libero…sarei stato più sincero…e soprattutto avrei avuto coraggio di esprimermi…
Abbiamo il dovere di dare la giusta risonanza al fenomeno, segnalare una violenza, esortare i più giovani e i leoni da tastiera a sensibilizzare con il concetto di empatia, difendere il più debole, educare il bullo.
Proteggiamo la vita…

Omosessualità: OMS, Ulrichs e Kertbeny

In una società omofoba, dalla memoria corta, ignorante come la nostra è doveroso raccontare alcuni fatti fondamentali che ci permettono di inquadrare meglio il termine “omosessualità”.
L’omosessualità, ancora oggi, è vista da molti come una malattia. Una piaga che deve essere curata o addirittura estirpata, come succede in alcuni paesi dove l’unione tra persone dello stesso sesso è totalmente vietata e punita addirittura con la pena di morte.
Oggi è illegale prevalentemente in molti paesi africani e alcuni asiatici ma non mancano episodi di razzismo da parte della società civile nei paese cosiddetti “occidentali”. La corrente ultraconservatrice che globalmente sta attraversando tutti i principali paesi del mondo pone attenzione sulla tutela della famiglia “naturale” senza lasciare spazio ad altre possibilità. I diritti dell’uomo, specialmente quelli legati alla libertà sessuale vengono puntualmente calpestati dall’intervento del politicante di turno impegnato a ottenere consenso indirizzando l’odio della società verso il diverso, responsabile della degenerazione della civiltà.
Qualche settimana fa scrivevo della giornata della famiglia che per l’appunto ha raccolto una accozzaglia di reazionari, omofobi, ultra-cattolici che con il patrocinio del governo italiano hanno proposto i loro modelli di vita anacronistici seminando odio verso il diverso.
L’omosessualità ha fatto nel corso del tempo passi da giganti per ottenere la giusta considerazione. Soltanto nel 1990 l’OMS ha eliminato l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali e ha ridefinito il concetto introducendo il termine “orientamento”. Quindi l’omosessualità rappresenta semplicemente l’orientamento sessuale verso individui dello stesso sesso.
Il termine omosessualità fu coniato nel 1869 dal letterato ungherese Karl Maria Kertbeny in una pubblicazione nella quale criticava l’introduzione di leggi che punivano atti sessuali fra due persone di sesso maschile da parte del Ministero della giustizia prussiano. Kertbeny riuscì quindi nell’intento di donare una neutralità a un qualcosa che sino a quel momento era riconosciuto con i termini: sodomia, pederastia che avevano assolutamente una totale accezione negativa.
Kertbeny introdusse anche termini come bisessualità e normosessualità.
Lui per evitare che ci fossero ripercussioni sulla sua persona utilizzò sempre uno pseudonimo e mai si dichiarò ufficialmente.
Prima di lui nel 1864, il pensatore tedesco Karl Ulrichs che alla fine del 1800 è stato un pioniere del movimento omosessuale europeo coniò il termine Uranismo derivato dall’epiteto dato ad Afrodite, protettrice degli amori omosessuali, cioè Urania che significa paradisiaca, celestiale.
Ulrichs sosteneva che l’uranismo fosse il “terzo sesso”, che dipendeva da caratteristiche innate, da fattori biologici, pertanto non doveva e poteva essere discriminato. Questo termine fu comunque sostituito dal più generico omosessualità che non aveva la pretesa di ricercare e analizzare le cause del comportamento sessuale umano.
La figura di Ulricks è molto interessante perché a differenza di Kertbeny lui fece coming out nonostante il clima altamente discriminatorio dell’epoca.
Negli ultimi anni della sua vita scriveva: «Fino al momento della mia morte guarderò con orgoglio indietro a quel giorno, 29 agosto del 1867, quando trovai il coraggio di lottare faccia a faccia contro lo spettro di un’antica idra irata (OMOFOBIA) che da tempo immemorabile stava iniettando veleno dentro di me e dentro gli uomini della mia stessa natura. Parecchi sono stati spinti al suicidio perché tutta la loro gioia di vivere era sciupata. Infatti, sono orgoglioso di aver trovato il coraggio di assestare a questa idra il colpo iniziale del pubblico disprezzo.»
Nel momento della sua dichiarazione pubblica si rivolgeva al congresso dei giuristi di Monaco di Baviera per sollecitare l’abrogazione delle leggi contro gli omosessuali venendo zittito dalle loro grida perché considerato immorale.
Le parole scritte da Ulrichs riecheggiano nella testa e fungono da monito per chiunque di noi non riesce a combattere all’interno dello schema sociale in cui è inquadrato senza quindi riuscire ad emergere.
Ulrichs non è stato solo un teorico ma un eroe. Ha affermato la sua condizione. Ha rivendicato i suoi diritti. Il coming out di Ulrichs rappresenta un’impresa che non può essere paragonabile a nessun’altro.
Se negli ambienti intellettuali dell’epoca si intrattenevano anche dei rapporti omosessuali mai nessuno si era permesso di uscire allo scoperto. “Non parlare” significava “non esistere”. Invece Ulrichs fece da apri fila a tanti altri uomini spaventati giustamente dalle ripercussioni giudiziarie e dal pensiero della gente.
Prendendo Ulrichs come fonte di ispirazione, abbiamo l’obbligo di trovare il coraggio e il sostegno per distruggere questa antica idra irata!

Mentire

Stavo implodendo. Vivevo con un immaginaria cintura di castità. Avevo abbandonato la sessualità.
Nascosi a tutti la mia condizione. Nessuno mi avrebbe capito e molto probabilmente sarei stato preso di mira dai bulletti e criticato dagli adulti.
Mantenere il mio segreto mi avrebbe permesso di sopravvivere. E l’istinto di sopravvivenza è il principale comportamento a cui dare ascolto in situazioni di pericolo. Io mi sentivo costantemente in pericolo. La paura di poter essere smascherato e di essere messo al patibolo era elevatissima.
Intanto provavo a mescolarmi tra gli altri cercando di non attirare particolari attenzioni. Che grande imbarazzo sentivo quando venivano fuori certi argomenti.
Nell’adolescenza i miei coetanei parlavano dei primi rapporti con l’altro sesso, molti si vantavano e ingigantivano gli eventi ed io invece dall’altra parte ammutolivo.
Era incredibile come in quella fase dell’adolescenza ogni 5 minuti tutti illustrassero le proprie esperienze, i propri desideri, le proprie perversioni…e io dall’altra parte cercassi di glissare.
Mi contraddistinsi in questo periodo per avere una personalità lunatica. In pochissimi, riuscivo a tirar fuori il meglio di me perché era più facile esprimere un parere più profondo, scambiarsi una confidenza, vivere una certa intimità; d’altro canto rimanevo in silenzio senza muovere un muscolo facciale in presenza dei grandi numeri perché si intraprendevano argomenti frivoli, superficiali, troppo leggeri per me che in realtà vivevo un dissidio interiore e non trovavo l’ambiente idoneo per potermi aprire tranquillamente.
Dovevo però giustificare i miei silenzi! Dovevo crearmi un alibi!
Dovevo trovarmi un personaggio che fosse alquanto credibile. La Chiesa in questo sarebbe stata molto di sostegno.
Nel corso degli anni molti sapevano che per me l’argomento “relazioni e sesso” rappresentasse un tabù. Incarnavo l’immagine del ragazzo timorato di Dio, pudico, riservato, che frequentava assiduamente la Chiesa la quale aveva influenzato la mia mentalità.
Per me era giusto che il primo rapporto sessuale avvenisse con la persona giusta e non si dovesse svendere il proprio corpo per il piacere dell’atto in sé. Questa visione come si sarebbe immaginato non raccoglieva il consenso di nessuno. L’adolescenza infatti è una fase della vita nella quale il tentativo di provare nuove esperienze è più forte di qualsiasi obbligo morale indotto. Molti adolescenti pensavano esclusivamente a soddisfare i propri istinti naturali senza preoccuparsi di eventuali remore morali.
Nonostante fossi considerato come un diverso (per mentalità, per ideologia) dal resto degli adolescenti, ero accettato dai coetanei e apprezzato dagli adulti. Il mio personaggio reggeva bene. Il mio segreto poteva rimanere nascosto. Mi sentivo tutto sommato tranquillo e quando avvertivo qualche pericolo, rappresentato da una platea di persone più attente, facevo molta attenzione a gestire la conversazione e per spazzare qualsiasi dubbio su di me che potesse emergere, inasprivo volutamente le mie parole diventando il più fiero paladino della moralità cristiana.
Mentivo agli altri, mentivo a me stesso.
Il personaggio stava prendendo il sopravvento sulla persona.

Anche io su “Il congresso mondiale della famiglia”

Finalmente è finito…così non se ne parlerà più e non ci sarà più nessuna esposizione mediatica delle posizioni medievali espresse che dovrebbero invece cadere nell’oblio assoluto.
Il congresso mondiale della famiglia ha concentrato attorno a sé molte discussioni, confronti e critiche. Di carne al fuoco ce ne sarebbe già abbastanza però mi sembrava giusto scrivere qualcosa.
Nonostante il mio blog parli di me stesso (e spero in un futuro che possa raccontare anche le storie di altri) ho realizzato che dovessi anche io esprimere una mia opinione perché sostanzialmente questo Congresso mondiale della famiglia rappresenta tutto ciò che impedisce a una persona omosessuale di dichiararsi liberamente.
Come riuscire a fare un eventuale coming out se c’è gente che diffonde, attraverso questi eventi: odio, intolleranza e razzismo verso quelli che semplicemente vorrebbero rivendicare i propri diritti??? E’ difficilissimo.
Quello che percepisco è che ormai da qualche tempo ci sia una sorta di crociata da parte delle associazioni ultra-cattoliche che promuovono un modello di vita “tradizionale e virtuoso” in contrapposizione alla “depravazione e anormalità” degli Altri.
Quando ci furono le crociate i cristiani lottavano contro i musulmani, ci furono migliaia di morti in nome di Dio e dopo molti secoli Giovanni Paolo II fu costretto a fare mea culpa di questo gravissimo peccato compiuto dalla Chiesa.
Immagino che: allo stesso modo questa crociata ideologica (fino a un certo punto…) potrebbe essere oggetto di scuse di un Papa del futuro. Sarebbero ricordate le vessazioni, insulti, violenze, omicidi subiti da chi semplicemente avrebbe voluto dichiarare al mondo il proprio orientamento per conto degli ultra-conservatori, omofobi, razzisti, pazzi con istinti reazionari. Addirittura tra i più magnanimi verrebbe menzionato chi invitava gli omosessuali ritenuti dei “malati” a curarsi presso dei centri ad hoc, e come si dicesse che “Luca era gay, adesso sta con lei” come faceva la canzone di quel pazzoide di Povia.
Ho sentito in questi giorni delle interviste fatte ad alcuni partecipanti che mi hanno terrorizzato. Elemento comune di questi invasati è la determinazione da kamikaze prima di compiere l’atto estremo, nel dichiarare le proprie opinioni con la totale mancanza di senso critico ergendosi a depositari della Verità assoluta dalla quale nessuno può sfuggire, e nel mostrare profonda ostilità, odio verso i fallaci che devono espiare i propri peccati per non bruciare all’Inferno. E ancora…dovreste vedere gli occhi di una sostenitrice di mezza età con una Madonna tra le mani che diceva al giornalista che le facevano schifo i gay e sarebbe stato inaccettabile vedere in giro due maschi tenersi per mano. Che abominio (lei)!
Come si potrebbe mai dialogare con questi invasati?
L’assurdità della questione è che questi “cattolici” sono solo buoni a stringersi attorno a queste pretese ideologiche trascurando l’aspetto più importante che è rappresentato da quel pacchetto di valori fondamentali per essere considerati dei buoni fedeli.
Solidarietà, fratellanza, tolleranza consentirebbero infatti di riconoscere la diversità e di rispettarla anche se non fosse condivisibile. Il fanatismo però spazza tutto. Alcuni capisaldi diventano solo pretesti per la discussione e la rettitudine lascia spazio alla violenza.
Anche il Congresso ha prodotto una cosa piacevole. Mi ha sorpreso sentire il Presidente del Veneto Zaia (leghista) che abbia espresso idee progressiste e abbia sostenuto una cosa che dovremmo urlare ovunque per ristabilire l’ordine razionale delle cose: L’OMOFOBIA E’ L’UNICA MALATTIA!!!
Non tutti i mali vengono per nuocere…

Andare avanti…

Assurdo!!! Proprio io…quello che voleva un’esistenza facile, senza problemi, pianificata secondo le conformità dell’uomo medio.
Perché mai mi piacevano persone del mio stesso sesso? Perché non riuscivo a provare attrazione per le ragazze? Questi quesiti mi bombardavano la testa e io non riuscivo a dare risposte. Eppure immaginavo che quelli scambi di affetto con dei miei amichetti dell’infanzia dovessero essere soltanto episodi isolati senza senso ai quali non bisognasse riservare nessuna attenzione, avvenuti magari perché mossi dalla curiosità. In realtà solo oggi realizzo che stavo incubando qualcosa che mi avrebbe segnato per sempre l’esistenza.
I più intolleranti, i super-cattolici, i sostenitori della famiglia “tradizionale”, gli estremisti di destra, i movimenti conservatori di tutto il mondo definiscono i gay come esseri contro natura. Sono considerati come dei disturbati, perversi, lussuriosi, amanti delle orge, capaci di compiere atti osceni, sodomiti, in pratica assoluti violatori della morale cristiana. Peccatori di prima specie destinati a bruciare nelle fiamme dell’Inferno.
Quello che viene affermato è che l’omosessualità sia considerata una scelta di perversi incuriositi. Una pratica sessuale, un comportamento riprovevole che potrebbe essere corretto abiurandolo e ritornando alla “normalità” magari dopo un percorso assistenziale presso delle comunità che ti dovrebbero riportare sulla “retta via”, facendoti sicuramente il lavaggio del cervello. Peccato che non sia così. E’ profondamente una cazzata.
Parliamoci sinceramente. Chi dovrebbe scegliere di far parte di questa minoranza di persone che viene spesso criticata, molestata, perseguitata e addirittura assassinata. Solo un pazzo farebbe una scelta del genere. E vi assicuro cari amici che non credo di essere pazzo, né io e nemmeno tutti quelli come me. Io non ho mai cercato una vita “spericolata” anzi ho sempre preferito rispettare le regole e ascoltare i grandi. A me il vestito del marito lavoratore con la moglie che accudisce i figli sarebbe calzato a pennello.
Quindi, che senso avrebbe per uno come me: sempre prudente, rispettoso, per certi versi pavido, “scegliere” di entrare in un contesto del genere posto perennemente sotto la lente d’ingrandimento? Nessuno, assolutamente nessuno.
Non puoi combattere contro i tuoi sentimenti, quello sì che sarebbe contro natura.
Perché sì, si tratta di sentimenti. Gli omosessuali sono mossi dagli stessi sentimenti degli eterosessuali ma hanno grandissime difficoltà per poterli manifestare alla luce del sole.
Per quale motivo dovrei annullare le mie pulsioni per intraprendere una vita basata sulla falsità? Perché dovrei prendere in giro probabili amanti, figli e affetti vari?
Vorrebbero omologarci, costringerci a vivere nella menzogna. Tanto anche se non si dice è l’apparenza quella che conta. Tu sei quello che fai. Quindi tutti quanti noi potremmo fare i maritini perfetti, andare in chiesa e rappresentare la famiglia tradizionale ma alimentare segretamente interessi criminalizzati dalla società. Questo atteggiamento abominevole che annulla l’identità umana purtroppo è diffuso. Molti hanno dovuto rinnegare se stessi per intraprendere una falsa esistenza perché tanta era ed è la pressione omofoba dei gruppi di potere che influenzano le menti. Questa sarebbe dovuta essere anche la mia storia. Ci ho pensato! Però ho sempre considerato la cosa ingestibile perché quando annulli te stesso prima o poi devi fare i conti con la tua coscienza e non puoi evitare che la tua vera natura emerga, specialmente dopo tanti anni di ibernazione, e travolga completamente la tua realtà. Ho fatto fortunatamente (?) un’altra scelta.