Impaurito dal mondo, spesso rimanevo solo a casa, mogio sul mio letto, quando invece i miei coetanei gareggiavano a chi creasse più scompiglio nel quartiere.
Ero un ragazzino sfigato degli anni ’90 che aveva paura degli altri.
Quante volte mi sarà successo di rimanere a casa e mio padre mi spronava a vestirmi e stare con gli altri. Quanta ansia. Avevo paura di essere preso in giro, di essere giudicato. Per me era uno shock ricevere insulti e violenze. Provavo a difendermi ma davanti a tale crudeltà e tracotanza rimanevo attonito. Non capivo le ragioni. Era tutto molto fine a se stesso. Spesso ritornavo a casa completamente scosso e agitato con l’idea che avrei dovuto reagire, avrei dovuto far sentire la mia voce. In realtà l’istinto di sopravvivenza mi spingeva a evitare i luoghi del misfatto e quelli frequentati dai miei carnefici.
Prima non si parlava di bullismo…ed era pratica alquanto comune e per certi versi giustificata che il più forte in ogni contesto dovesse prendere sopravvento sul più debole. Rispetto a oggi certi comportamenti sociali funzionavano diversamente, specialmente per le limitate capacità di diffusione delle notizie. Un bullo di oggi può contare sui social per ottenere una certa popolarità che lo investe del titolo di re del branco o addirittura re del web se le situazioni prendono una strana e brutta piega. Prima il campo di azione del bulletto e la diffusione delle sue malefatte era limitato al quartiere di paese. Non si immortalavano questi episodi violenti come viene fatto oggi. Oggi alla prima baruffa tutti i ragazzi sono pronti con il cellulare a riprendere questo spettacolo deplorevole. Nessuno interviene più a interrompere lo scontro. Prima c’era maggiore coscienza. Si comprendevano i limiti e si dava maggiore importanza ai rapporti umani.
Noi sfigati degli anni ’90 dovremmo ringraziare probabilmente l’arretratezza tecnologica del tempo se siamo riusciti a razionalizzare questi eventi traumatici e siamo riusciti ad andare avanti sfuggendo alla sorte nefasta di molti ragazzi bullizzati di oggi giorno. Forse siamo salvi proprio per quello. La poca visibilità del nostro bulletto o dei nostri castighi ci ha salvato. Abbiamo evitato che anche la rete potesse infierire su di noi.
Durante le scuole medie capitava tra noi ragazzi di prendere in giro le nostre madri e sorelle. Era un modo goliardico per passare del tempo. Si raccontavano storielle, si intonavano canzoncine. Tutto sembrava al quanto democratico. Con l’avanzare del tempo però si consolidava una certa ostilità nei miei confronti. Proprio a partire da quelli che reputavo amici avvenne una campagna contro di me. Non credo ci fosse l’intenzione di prendermi di mira anche perché non c’erano validi motivi però su di me questo sbeffeggiamento aveva un effetto rilevante perché mi offendevo parecchio e più provavo a difendere me e quindi mia sorella da quelle accuse infondate, più il fenomeno diventava ostile…
Fu inventato un acronimo che riguardava mia sorella e che mi veniva rivolto per offendermi. Dalla classe questo fenomeno iniziò a espandersi a macchia d’olio.
Compagni di classe, di gioco, ragazzini della chiesa, sconosciuti, quando mi vedevano pronunciavano a voce alta quell’acronimo, o canticchiavano un motivetto.
Qualcuno addirittura scriveva sui muri. Dopo aver tentato tante volte di placare questi sfottò alla fine decisi di accettare la mia condizione di vittima sacrificale con la speranza che da grande tutto ciò si sarebbe risolto.
Anche quando tutto sembrava finito, ho convissuto per anni con la paura di essere preso in giro e di trovare in giro i miei carnefici.
Adesso tutto questo mi sembra molto distante ma mi accorgo che ancora oggi porto con me gli strascichi di quella brutta esperienza. Sono estremamente diffidente nei confronti del prossimo. Ricerco consenso sociale. Preferisco non esprimere il mio parere perché non voglio generare ostilità.
Penso che magari senza quel periodo sarei stato più sgombro mentalmente dalle strutture che mi hanno ingabbiato.
Mi sarei sentito più libero…sarei stato più sincero…e soprattutto avrei avuto coraggio di esprimermi…
Abbiamo il dovere di dare la giusta risonanza al fenomeno, segnalare una violenza, esortare i più giovani e i leoni da tastiera a sensibilizzare con il concetto di empatia, difendere il più debole, educare il bullo.
Proteggiamo la vita…
Anch’io sono stata vittima di bullismo, ma non devi fare il loro gioco. Devi essere fiero di te che non sei diventato come loro, che sei riuscito ad andare avanti malgrado le offese, le botte, le ritorsioni. Conosco perfettamente il malessere di andare a scuola, di essere sempre preso di mira perché non si è uguali agli altri, perché la si pensa diversamente, perché si è noi, non le pecore come gli altri. Ho sofferto come te, eppure, oggi guardandomi indietro non mi pento una sola volta di quello che ho fatto, detto, di come sono stata. Hanno cercato di cambiarmi in tutte le maniere, hanno cercato di perseguitarmi, di rendermi la vita impossibile, eppure, malgrado tutto non ci sono riusciti. E tu devi andare a testa alta. Se ti attaccano, sappi che lo fanno quando vali più di loro, quando sei te stesso, quando ti vedono in realtà una minaccia, perché tu non sei uguale a loro, tu non pensi come loro, tu vivi la tua esistenza senza la paura di cosa direbbero le altre pecore. Per cui se all’epoca ti hanno tormentato è perché eri speciale; i grandi della storia sono stati tutti bullizzati, ma perché, perché loro portavano avanti un’idea del mondo nuova, libera, progressista, fuori da quelle strade chiuse, bigotte, recintate che ha disegnato la società e secondo cui noi tutti, dovremmo rimanere. Invece no! Non bisogna abbassare lo sguardo! Sii fiero di quello che sei, di quello che hai vissuto. Fai di quel periodo la tua forza, considera che se non ti hanno scalfito all’epoca, oppure considera che le ferite dell’epoca ti hanno rafforzato dentro. Ora dentro di te hai una corazza che ti proteggerà. Hai già vissuto quelle cose, per cui non ti farebbero più male riviverle. Ma sapresti, forse, oggi rispondere a tono, magari con qualche stoccata in più! 🙂
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Ciao Maria grazie mille per la tua solidarietà.
Mi sembra che tu sia uscita a testa alta da questa brutta esperienza.
Abbiamo il dovere di raccontare le nostre storie affinché altri traggano il coraggio per dire NO ai soprusi e andare avanti.
Grazie ancora per il commento …
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Grazie, non sempre è facile farlo, non sempre sono sicura di esserne uscita a testa alta, perché ho ancora tante titubanze, tante cosucce dentro che mi fanno cadere o comunque avere il passo incerto, la paura di cadere… ma ci provo! Forza amico mio! Dobbiamo farcela!
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